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PRESENTAZIONE

L’Associazione “Amici delle Gravine”, nel corso della loro attività di ricerca dei luoghi sacri dimenticati, presenti nelle nostre gravine, hanno effettuato la documentazione fotografica, la rilevazione planimetrica e la ricostruzione storica della chiesa grotta “Mater Christi”.
Gli “Amici” che hanno collaborato sono: Antonio MORETTI, Rocco COLAMONICO e Tommaso CAROTENUTO.
La relazione archeologica e rilevazione planimetrica sono a cura della archeologa Antonella CASSANO; la ricostruzione storica è a cura della professoressa Maria Carla CASSONE; la documentazione fotografica è di Giuliano CLEMENTE.

 

 

LA VERA STORIA DELLA CHIESA-GROTTA
“Santa Maria Mater Christi”
I più importanti studiosi locali, PERRONE e MASTROBUONO, hanno citato di questa chiesa ipogea soltanto la leggenda ad essa legata, attinta dall’opera del domenicano Padre Serafino MONTORIO. (1)
Si tratta di un’opera monumentale che consta di ben 728 pagine, in cui l’autore passa in rassegna i principali santuari mariani legati a eventi prodigiosi dall’Abruzzo alla Calabria, dopo aver diviso le Province del Regno di Napoli nei dodici segni dello zodiaco.
Ad ogni santuario attribuisce una stella,raccontando le leggende di fondazione, i miracoli e le icone venerate dei più importanti centri di culto mariano del tempo.
Il suo merito è quello di aver tradotto in dati storici tutta una serie di informazioni e leggende che,
probabilmente, non sarebbero mai giunte fino a noi.
Per ottenere le notizie egli contattò tutte le Diocesi del Regno di Napoli, come pure tutti i conventi del suo ordine e infine, chiunque avesse potuto fornire informazioni sui molteplici culti mariani praticati nel Regno.
Per quanto riguarda CASTELLANETA, il MONTORIO chiese la collaborazione del Vescovo Onofrio MONTESORO (1696–1722) il quale gli inviò una relazione il 10 dicembre 1710, attingendo dalle testimonianze fornitegli dalla popolazione. (2)
Ecco il testo che si legge nell’opera del MONTORIO trascritto letteralmente: “Fuori la città di CASTELLANETA adorasi un’altra immagine di Maria detta “MATER JESU CHRISTI” dipinta su muro. Fu questa ritrovata in una grotta sotterrata dalla escrescenza (Sic) dell’acqua che in essa portò gran quantità di terra, il che mi da motivo di crederla di qualche antichità. La sua invenzione (come per continuate tradizione attestano quei cittadini) fu con modo soprannaturale, e comandamento della stessa Madre di Dio. Comparve ad una divota donna comandandole che da parte sua riferisse agli abitanti di quella città il suo desiderio, cioè, che si aprisse di nuovo la detta grotta, togliendo dalla bocca di quella la raccolta maceria, acciocche la sua immagine, che ivi era nascosta, fosse venerata da ciascheduno con più decoro.
Ubbidì la buona donna, e fatta l’ambasciata fu subito creduta, e posto in opera quanto aveva comandato quella Sovrana Signora.
Fu aperta la grotta, e trovata secondo i segni assegnati la Sagra Effigie, parve ad essi più conveniente staccarla da quel luogo umido e disastroso, e collocarla in una Chiesa, che con le limosine de’ fedeli ben per tempo ivi vicino fabbricassi. Segato dunque il muro e fabbricata la Chiesa vi fu collocata la Benedetta immagine di Maria, che per far conoscere quanto grati a Lei fosse l’ossequio praticato da quel Popolo, corrispose con molte grazie, dalle quali non posso qui dire, cose particolare (Sic)….


Ma torniamo al nostro proposito; acciocche la suddetta Chiesa fosse officiata con decoro, e senza intromissioni, Monsignor Agudio, Vescovo in quel tempo (1650 – 1673) ne diede la cura all’Abbate Orazio FOLLERIO, allora Tesoriero e Terza Dignità di quella Cattedrale, e questo liberalissimamente somministrò del proprio per la fabbrica ed abbellimento della Chiesa…..
La città di Castellaneta, per far conoscere quanto sia grande la sua divozione verso quella miracolosa effigie, vi mantiene di continuo a sue spese un Cappellano che vi celebra ogni sabbato la Santa Messa. (3)
Dalla lettura di questo testo nascono spontanee delle domande. A quale Epoca risale la Chiesa-Grotta? Nessuno dei due studiosi, PERRONE e MASTROBUONO ne dà notizia. L’unico che accenna ad una datazione è Don Giuseppe BUTTIGLIONE che così scrive: “Una volta, prima che privati interessi, incuria e ignoranza si fossero coalizzati, dalla Chiesetta, a sinistra entrando, si accedeva alla grotta – Antico insediamento rupestre del secolo XI – ove secondo la tradizione si rinvenne la bella immagine della Mater Christi che diede origine al culto sempre più crescente verso la Madre di Dio” (4)
Questa datazione sarebbe preziosissima, ma, purtroppo, l’autore non ne cita la fonte e, quindi, a questa domanda non si può rispondere con certezza.
L’altra domanda è: In quale data avvenne il ritrovamento? Il PERRONE riporta la leggenda appresa dallo “Zodiaco di Maria” e ad un certo punto, scrive: “aperta la grotta e tolto ogni ingombro fu rinvenuta la santa effigie che, staccata dal muro, fu collocata in una chiesa che quivi venne elevata. Alla sua costruzione concorsero largamente i fedeli e soprattutto l’abate tesoriere Orazio Follerio, cui Monsignor Agudio, Vescovo di quel tempo (1650 – 1672) ne affidò la cura spirituale” (5).
A conferma di ciò, il BUTTIGLIONE scrive: “Al tempo del Vescovo Agudio risale la grande devozione popolare verso la Madonna Santissima venerata sotto il titolo di “MaterChristi” (6)
Nell’opuscolo dedicato alla “Mater Christi” (7) ci rivela inoltre, che in un documento novembre-dicembre 1653, “il Sindaco Marco Antonio Ungaro e i quattro eletti SPINELLI, AMATI, TRISCIANI e TAMBILLO asseriscono come nei mesi passati si ritrovò una Madonna Gloriosissima dentro una grotta nel Territorio di questa città poco distante dalle mura di questa città, dentro la possessione del reverendo Tesoriere di questa città…
Questa decisione venne ratificata il 30 novembre-dicembre 1653 nel Seggio… presente il Governatore della città e poi resa nota al popolo.
Ma non si limitò a questo. Il Sindaco chiese, addirittura, di eleggere, la “Mater Christi” protettrice della città.
Si legge ancora nel documento: L’eletto Annibale SPINELLI insiste perché si chieda al Vescovo di benedire la Chiesa della Mater Christi che si pigli Protettrice di questa città…”
E così fu concluso nella seduta del Seggio del 30 novembre-dicembre,tutti d’accordo col parere del Signor Annibale SPINELLI!
Ora, ci chiediamo: se il PERRONE ci dice che la chiesetta venne elevata dopo il ritrovamento dell’immagine, al tempo del Vescovo AGUDIO (1650-1672) come si spiega la data di costruzione presente sulla lapide all’interno della chiesa e cioè 1600?
La nostra ipotesi è che la spiegazione stia nel fatto che la lapide non fu apposta subito dopo la costruzione della chiesetta, ma nel 1856, allorché Nicola TUCCI, discendente del Follerio, provvide a restaurare l’edificio sacro a causa delle disastrose condizioni in cui versava. La data 1600 ci fa sorgere il sospetto che il TUCCI, non conoscesse la data esatta della costruzione, ma solo il secolo.
A questo punto, qualcuno obietterà che esiste già una chiesa-grotta indicata come “Mater Christi”. Ma un documento risalente al 1742 (8) ci rivela il suo vero titolo. Essa è infatti identificata come “Grotta S. Martino”, così come si evince dalla seguente pianta.
(pianta di COLIZZI)


A conferma di ciò ci soccorre la preziosa descrizione dei dipinti, fatta dal prof. Roberto CAPRARA (9) “…pare di vedere, in alto a destra, una probabile traccia di Ricciolo di Bacolo Pastorale, cosa che farebbe supporre la raffigurazione di un Santo Vescovo. E tutti sanno che S. Martino fu Vescovo di TOURS (Francia).
Il PERRONE riporta semplicemente la leggenda e le notizie sul culto (10). Purtroppo, però, l’egregio dott. Enrico MASTROBUONO non avendo consultato il documento del 1742, è incorso nell’errore di ritenere la grotta S. Martino dedicata alla Madre di Dio (11).
Per quanto riguarda la leggenda, il PERRONE e il MASTROBUONO riportano quella pubblicata dal MONTORIO. Inspiegabilmente, però, il BUTTIGLIONE (12) nel suo opuscoletto, pubblicato nel 1981, ci racconta una prolissa leggenda legata non ad una devota donna, ma ad un pastorello! Quello che sorprende ancora di più è che ci riferisce il nome del pastorello: Nicolao da Rodi. Incredibile! Il fantasioso autore non sapeva che un Magister Nicolaus de Roda è veramente esistito, sì, ma nel 1200, di cui conserviamo un lunghissimo testamento!
E ancora, il PERRONE e il MASTROBUONO ritengono correttamente che l’immagine della Mater Christi è u affresco, mentre il BUTTIGLIONE ritiene che sia un quadro che attualmente è nello studio del Vescovo. Il BUTTIGLIONE pubblica la fotografia di un quadro raffigurante la Vergine col Bambino, risalente al XVII secolo.
L’ultima domanda che ci poniamo è: Dove si trova ora l’immagine ritagliata nel tufo e collocata nella chiesetta appositamente edificata per onorarla?
In mancanza di documenti che risolvano il mistero, ipotizziamo che essa sia stata rimossa nel corso del restauro del 1856.
Da parte nostra, ci auguriamo che non sia stata trafugata, ma che sia stata trasferita in un altro sito decoroso. Vi confessiamo che ci piacerebbe venisse ritrovata ancora una volta!

CONCLUSIONE
In conclusione possiamo affermare che:
1. La chiesa-grotta Mater Christi non è quella a 200 metri dalla chiesa, ma quella sottostante la chiesa sub-divo Mater Christi;
2. La chiesa sub-divo fu costruita dopo il 1653 e non nel 1600;
3. La leggenda è quella riportata dal MONTORIO e non quella, prolissa e fantasiosa, del BUTTIGLIONE. (vedi opuscolo);
4. L’immagine era dipinta su muro, quindi era un affresco e non un quadro.
L’unico studioso che ha sollevato un ragionevole dubbio, è stato Padre ABATANGELO (13) pur non avendo consultato il libro delle piante del COLIZZI. Infatti, così scrive, nel capitolo dedicato alla “Mater Christi”: “Ad onor della verità storica e dell’esattezza, dati tanto necessari per sventare pregiudizi e dissipare errori inveterati, facciamo osservare che essa cripta non pare sia da identificarsi con quella menzionata da Padre MONTORIO e da cui fu ritagliato l’affresco della Vergine…
Ora secondo il modesto parere, tale tradizione, si riferisce non a questa,… ma all’altra cripta, già sepolta sotto le stessa chiesetta omonima e che oggi, come ci dicono, non è che un pozzo-ossario”.

 

 

(1) Padre Serafino MONTORIO “Zodiaco di Maria” Stella XV “Mater Jesu Christi fuori le mura.
NAPOLI 1715.
(2) Le nostre chiese con effigi miracolose erano: “Santa Maria del Porto, Santa Maria del Pesco, Santa Maria dell’Aiuto e Santa Maria Mater Chisti”.
(3) MONTORIO op. cit. pag. 504
(4) G. BUTTIGLIONE-MOSCATO “La Mater Christi tra storia e leggenda” POLICARPO 1981 p. 8
(5) PERRONE “Storia documentata di Castellaneta” CRESSATI 1896 pag. 340
(6) G: BUTTIGLIONE-MOSCATO “I Vescovi e la Diocesi di Castellaneta” POLICARPO 1981 p.100
(7) G: BUTTIGLIONE-MOSCATO “La Mater Christi tra storia e leggenda” POLICARPO 1981 pp.19-20-21.
(8) LIBRO DI PIANTE del compassatore Giuseppe Oronzo COLIZZI 1742 Foglio 4
(9) CAPRARA “ABATANGELO Le chiese rupestri di Castellaneta 2000 pag.161
(10) PERRONE op. cit. Pag.340
(11) MASTROBUONO “Castellaneta e il suo territorio” 1943 pag. 130
(12) G: BUTTIGLIONE-MOSCATO “La Mater Christi tra storia e leggenda” pp.10-15 /pp.18-19
(13) Padre ABATANGELO op. cit. pp. 148-149

– Relazione Tecnica dell’Archeologa Dott.ssa Antonella CASSANO –

Sopralluogo.

La cripta visitata in data 17 Novembre 2018, è sita al di sotto della seicentesca chiesa di Mater Chisti. Scavata nel banco roccioso, appare avere orientamento liturgico, rivolta verso est. L’accesso è posto al di sotto del setto murario meridionale della soprastante chiesa. Si prosegue per un corridoio lungo m. 4,60 ca, direzione Est, scavato nel banco, la cui originaria si conserva integra solo sul versante S, in quanto la parte Nord, fatta eccezione per m. 1 iniziali, è stata poi rimaneggiata con dei blocchi tufacei, gli stessi che ricoprono gran parte del soffitto dell’ambiente ipogeo, fatta salve la parte più interna. Si conserva sul muro d’ingresso una piccola nicchia alta cm. 30. Di fronte all’ingresso, in fondo si conserva una nicchia tagliata da un’apertura successiva. Si conservano tracce di colori rosso e grigiastre nella parte alta della nicchia e lateralmente a sud. Dietro si apre di un unico ambiente, in cui  la parte più antica della struttura.  Si tratta di un unico ambiente in cui si conserva un’unica nicchia scavata nel banco, internamente alta m. 1,32 e larga 0,95, la cui altezza dal piano di calpestio non è, deducibile, in quanto quest’ultimo è interamente coperto da resti ossei di numerosi individui (i cui corpi sono stati seppelliti accedendovi da una botola chiusa con blocchi di tufo posta nell’angolo sud/est di questo ambiente). Nel limite nord, divisa da un muro ottenuto nel banco roccioso, si conserva un altro ambiente, con apertura di m. 1,70 e profondo m. 3. L’ambiente ipogeo appare evidente che è stato modificato contestualmente alla costruzione della chiesa soprastante.

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